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Filosofia della conoscenza (Firenze, 12 marzo 2005)

in collaborazione con

Università di Firenze
Dipartimento di Filosofia


Filosofia della conoscenza

Firenze, 12 marzo 2005
c/o Società Dante Alighieri
Via Gino Capponi 4


ore 10,00-13,00

Prof. Paolo Parrini, Università di Firenze
Introduzione.

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Che cos’è la conoscenza? Cosa vuol dire conoscere? Apparentemente si tratta di domande banali o superflue. Domande che investono qualcosa la cui possibilità diamo quotidianamente per scontata. Pressoché tutto ciò che diciamo e facciamo si basa sul presupposto che siamo in grado di conoscere le cose più diverse e di condividere le nostre conoscenze con coloro con i quali ci troviamo in rapporto. E tuttavia la possibilità e la natura della conoscenza hanno costituito da sempre uno dei più spinosi problemi della speculazione filosofica. Fin dall’antichità ci sono stati dei pensatori, di inclinazione più o meno scettica, che hanno messo in luce le difficoltà contro cui si scontrano i tentativi di dare un resoconto plausibile di un fatto all’apparenza così ovvio.
A partire dall’epoca moderna, con lo sviluppo delle scienze e in particolare della fisica, tali difficoltà hanno assunto uno spessore culturale ancora maggiore, che è venuto crescendo nel corso di tutto l’Ottocento. In seguito, le grandi acquisizioni scientifiche del Ventesimo secolo – la relatività einsteiniana e la meccanica quantistica nel campo della fisica, gli sviluppi delle neuroscienze nello studio dell’uomo – hanno dato un ulteriore contributo all’arricchimento del problema, rendendo sempre più manifesta la sua collocazione tra scienza e filosofia. Se il Novecento ha proiettato di se stesso tutta quella serie di immagini che sono state riassunte nello slogan del “declino delle certezze”, ciò si deve anche, e forse in primo luogo, ai riflessi epistemologici del logoramento di verità per secoli ritenute inscalfibili a causa degli sviluppi scientifici con i quali tale secolo si è aperto.
Da qui la decisione dell’Arifs di dedicare una serie di giornate di studio a mettere in luce le interrelazioni fra la dimensione scientifica e la dimensione filosofica del problema della conoscenza. La terza di queste giornate si terrà a Firenze il prossimo 12 marzo. Come nei due incontri che la hanno preceduta – quello di Firenze del 2000 e quello di Siena del 2001 – anche in questo caso si è mirato a ‘miscelare’ le relazioni in modo da far emergere entrambe le dimensioni costituenti il problema gnoseologico. Dal punto di vista filosofico, nelle precedenti giornate di Firenze e di Siena ci si è occupati delle questioni poste dallo scetticismo e si sono discussi argomenti quali la natura della verità e dell’oggetto del conoscere, il relativismo e le contrapposizioni fra realismo, idealismo e fenomenismo. Dal punto di vista scientifico si sono toccati temi come la possibilità di estrapolare dalle neuroscienze una concezione naturalizzata della mente e dell’attività conoscitiva, i caratteri della spiegazione scientifica e il dualismo spiegazione/comprensione, la natura della causalità e della probabilità e la giustificazione del procedimento induttivo. Tutti questi argomenti sono stati trattati sia su un piano astratto e generale, sia in relazione a questo o a quell’orientamento di pensiero specialmente importante (per esempio la fenomenologia oppure il naturalismo).
Il Terzo incontro ora in programma si muoverà lungo le direttive collaudate nelle giornate precedenti sviluppando il discorso in più direzioni. Roberta Lanfredini presenterà l’approccio alla conoscenza che caratterizza il modo analitico di fare filosofia, trattando questioni di importanza cruciale come il fondazionalismo e la giustificazione epistemica. Alberto Peruzzi discuterà delle argomentazioni trascendentali. Queste infatti, negli ultimi decenni, sono state fatte oggetto di studi e di riprese approfondite nell’intento di rispondere alle obiezioni scettiche recuperando alcuni aspetti di fondo dell’epistemologia kantiana. Michele Marsonet affronterà un tema centrale dell’odierno dibattito epistemologico, ossia il rapporto tra la cosiddetta ‘immagine manifesta’ e l’‘immagine scientifica’ del mondo per vagliare se, ed eventualmente in quale misura, si possa parlare di un insanabile contrasto fra le due. Paolo Parrini, infine, tornerà sulla controversa questione se la psicoanalisi possa dirsi o no una scienza cercando di mostrare come le risposte possano essere diverse a seconda della prospettiva epistemologica adottata.

Paolo Parrini

Prof.ssa Roberta Lanfredini, Università di Firenze
L’approccio analitico al problema della conoscenza.

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ABSTRACT:

 Che cosa significa conoscere qualcosa?

Questa domanda cruciale per l’intera filosofia, si articola in due sotto-questioni fondamentali:

a) quali sono le condizioni che rendono un atto conoscitivo?;

b) qual è l’oggetto della conoscenza?

Tenteremo un’analisi filosofica di entrambi i problemi facendo perno su quella definizione di conoscenza che è divenuta ormai un luogo comune all’interno della filosofia analitica, stando alla quale conoscere significa avere una credenza vera e giustificata.

Stando a tale definizione, l’elemento che costituisce condizione non solo necessaria ma anche sufficiente per la autentica conoscenza è la nozione di giustificazione.

E’ proprio sulla base della definizione tecnica che diamo del concetto di giustificazione, infatti, che si articolano quelle distinzioni concettuali che caratterizzano in modo essenziale il lavoro svolto dal filosofo della conoscenza: la distinzione fra fondazionalismo e anti-fondazionalismo; la distinzione fra empirismo e razionalismo; la distinzione fra dogmatismo e scetticismo; la distinzione fra esternalismo e internalismo e fra realismo e anti-realismo.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

–  Robert Audi, Epistemology. A contemporary introduction to the theory of knowledge, New York and London, Routledge, 1997.

–  Jonathan Dancy, An Introduction to Contemporary Epistemology, Oxford, Blackwell, 1985.

– Alan Musgrave, Senso comune, scienza e scetticismo. Una introduzione storica alla teoria della conoscenza, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1995.

– Paolo Parrini,  Sapere e interpretare. Per una filosofia e un’oggettività senza fondamenti, Milano, Guerini e Associati, 2002.

–  Giulio Preti, Lo scetticismo e il problema della conoscenza, “Rivista critica di storia della filosofia”, 29, 1974.

–  Moritz Schlick, Forma e contenuto, Milano, Boringhieri, 1987.

–  Nicla Vassallo, Teoria della conoscenza, Bari, Laterza, 2003.

Roberta Lanfredini

Prof. Alberto Peruzzi, Università di Firenze
Argomentazioni trascendentali.

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Struttura della relazione

Introduzione al problema. Motivi a sostegno della sua ripresa.

  1. I molteplici significati del termine “trascendentale”
  • Scolastica
  • Kant
  • Emerson e Thoreau
  • Husserl
  • Apel

Diversi tipi di “filosofia trascendentale”

  1. Il metodo trascendentale nella Critica della Ragion Pura
  • Che cos’è un argomento trascendentale?
  • Che cosa contraddistingue il metodo trascendentale?
  • Lettura e commento di alcuni passi della Critica della Ragion Pura
  • Argomenti trascendentali effettivamente usati da Kant
  1. Con il senno di poi
  • Breve chiarimento dei rapporti concettuali fra a priori, necessario, trascendentale, formale
  • Obiezioni al metodo trascendentale
  • Obiezioni all’uso kantiano del metodo
  • La nozione di argomento trascendentale per Barry Stroud
  1. La struttura degli argomenti trascendentali
  • Elenco di diffusi fraintendimenti
  • Analisi logica: modalità aletiche ed epistemiche
  • Indipendenza dalla filosofia critica?

 

Riferimenti bibliografici

I. Kant, Critica della Ragion Pura, trad. di P. Chiodi, Utet, Torino 1967.
P. Parrini (a cura di), Kant and Contemporary Epistemology, Kluwer, Dordrecht, 1994.
A. Peruzzi, Noema, Franco Angeli, Milano 1988.
R. Stern, (a cura di) Transcendental Arguments. Problems and Prospects, Oxford University Press 1999.
B. Stroud, “Transcendental Arguments”, Journal of Philosophy, 65 (1968), pp. 241-256.

Alberto Peruzzi

Dibattito

ore 15,00-17,00

Prof. Michele Marsonet, Università di Genova
Senso comune e immagine scientifica.

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Nell’ambito della filosofia contemporanea, si è spesso detto che la visione scientifica del mondo è destinata prima o poi a sostituire l’immagine della realtà fornita dal senso comune. A ciò si può obiettare, tuttavia, che il senso comune vanta una sorta di priorità metodologica nei confronti di ogni visione scientifica del mondo. Ad esempio, la tesi della indeterminatezza della traduzione radicale implica l’impossibilità di specificare, in senso assoluto, di che cosa parla una teoria scientifica. Possiamo dire di cosa tratta una teoria scientifica solo facendo ricorso al nostro linguaggio ordinario, presupponendo cioè di sapere in anticipo di cosa parliamo nel corso della nostra vita quotidiana. Se ciò è vero, l’edificio speculativo della scienza non può più essere concepito come una forma di conoscenza del tutto indipendente dal linguaggio ordinario e, pertanto, alternativa ad esso.

Chiediamoci allora: è proprio vero che non abbiamo di fronte a noi una sola visione del mondo, bensì due immagini molto complesse, ognuna delle quali intende proporsi come rappresentazione completa della posizione dell’uomo nella realtà? Wilfrid Sellars ritiene senz’altro di sì e in un celebre saggio definisce queste due prospettive, rispettivamente, l’immagine manifesta e l’immagine scientifica dell’uomo-nel-mondo. Esse si rivelano a suo avviso entrambe intersoggettive e non arbitrarie.

Che cosa sono, tuttavia, queste due immagini, e fino a che punto sono alternative? Notiamo innanzitutto che si tratta in entrambi i casi di idealizzazioni da intendersi nello stesso senso dei “tipi ideali” di Max Weber. Ciò significa che, per scoprire la loro presenza, dobbiamo fare ricorso ad una buona dose di astrazione. In altri termini, esse non si manifestano grazie ad una mera ricognizione empirica. Per esempio noi viviamo nella (vale a dire, all’interno della) visione del mondo del senso comune, e soltanto un complesso processo di riflessione è in grado di farci capire che – proprio in quanto esseri umani – condividiamo un’immagine comune del mondo, la quale è a sua volta determinata (ma questo Sellars non lo dice) dal fatto che la nostra struttura fisica ci obbliga a concepire la realtà in un certo modo piuttosto che in un altro.

Questo quadro è complicato dal fatto che, secondo Sellars, ciascuna delle due immagini summenzionate ha una storia, e mentre le origini dell’immagine manifesta vanno ovviamente fatte risalire ai tempi preistorici, quelle dell’immagine scientifica sono assai più recenti. Non solo: l’immagine scientifica muta in continuazione e cambia addirittura davanti ai nostri occhi.

Bibliografia

Heisenberg, Scienza e filosofia, tr. it. Il Saggiatore, Milano, 1966.
Marsonet, Scienza e analisi linguistica, Feltrinelli, Milano 1994.
M.Marsonet, The Primacy of Practical Reason, University Press of America, New York, 1996.
Marsonet, La verità fallibile, Angeli, Milano, 1997.
Marsonet, I limiti del realismo, Angeli, Milano, 2000.
Sellars, “Philosophy and the Scientific Image of Man”, in W. Sellars, Science, Perception, and Reality, Routledge & Kegan Paul, London, 1963, pp. 1-40.
Sellars, “Empirismo e filosofia della mente”, tr. it. in Iride, N. 4/5, gennaio-dicembre 1990.

Michele Marsonet

Prof. Paolo Parrini, Università di Firenze
Psicoanalisi, scienza, narrazione.

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0 – Osservazioni introduttive

1 – La psicoanalisi nella filosofia della scienza: tre valutazioni di riferimento
1.1 – L’empirismo logico e il verificazionismo
1.2 –  Popper e il falsificazionismo
1.3 – Grünbaum e l’induzione eliminativa

2 – Implicazioni epistemologiche
2.1 – Plausibilità e relativismo epistemico
2.2 – La scienza e la natura del conoscere
2.3 – Scientismo, metafisica e gradualismo di scientificità

3 –  Osservazioni conclusive
3.1 – Dimensione soggettiva e valore oggettivo
3.2 – La psicoanalisi tra medicina psicosomatica e narrazione

Paolo Parrini

Dibattito


Coordinamento scientifico: Prof. Paolo Parrini

Paolo Parrini