in collaborazione con il Comune di Brescia
Religioni orientali e “valori asiatici”
Brescia, sabato 20 ottobre 2007
Auditorium San Barnaba, C.so Magenta
Ore 10.00 – 13.00
Prof. Vincenzo Pace, Università di Padova
Religioni orientali e valori asiatici: introduzione.
Spiegando anzitutto perché, quando parliamo di religioni orientali, non dobbiamo applicare meccanicamente la nostra categoria di religione a sistemi di credenze molto complessi e differenti, Enzo Pace ha poi illustrato l’importanza della conoscenza di mondi che non sono per noi oggi né esotici né lontani, sia a causa dell’economia globale – che sta collocando paesi asiatici, come India e Cina, al centro del mondo – sia a causa dei processi migratori che vedono in Italia la presenza di persone che provengono da tutto il pianeta. (sis)
Prof.ssa Amina Crisma, Università di Padova
La Cina e il confucianesimo.
Il grande sviluppo economico della Cina e il suo inedito protagonismo negli scenari della globalizzazione propongono oggi all’attenzione un rinnovato, problematico confronto con le tradizioni culturali del Paese di Mezzo, e suggeriscono molteplici interrogativi circa le relazioni che intercorrono fra le poderose trasformazioni in atto nella società cinese e i valori depositati nella coscienza collettiva.
In particolare, ha oggi luogo, dentro e fuori la Cina, un vivace dibattito sulla natura e sulle caratteristiche della tradizione di pensiero confuciana, che, com’è ben noto, fin dalla più remota antichità ha impresso una duratura impronta sulla civiltà, sulla cultura, sull’esprit de moeurs, sulle istituzioni cinesi, e che oggi fra l’altro conosce una stagione di rinnovata fertilità nell’ambito di un vasto e articolato New Confucian Movement.
In questa mia comunicazione, cercherò di offrire un sintetico quadro degli aspetti salienti di tale dibattito, che ha fra l’altro il merito di revocare in dubbio molti luoghi comuni ermeneutici finora invalsi in Occidente circa una presunta immobilità e univocità del confucianesimo, troppo sovente ricondotto da letture banalizzanti a una vieta saggezza meramente convenzionale e conformistica, destituita di ogni slancio e di ogni ardimento. I più recenti sviluppi degli studi sinologici ci offrono un quadro ben più interessante, vario e molteplice della grande scuola di pensiero che in cinese si chiama rujia (letteralmente, “scuola dei letterati” o “scuola dei Classicisti”). Segnatamente, ci mostrano che essa si configura, ieri come oggi, come un fertile campo di tensioni, segnato da istanze diverse, contrastanti, talora conflittuali: all’istanza di ordine gerarchico di cui la scuola confuciana si è fatta storicamente latrice, si è costantemente affiancata, sin dalle origini, l’esigenza insopprimibile di arginare l’arbitrio del potere sovrano – e a tale esigenza hanno conferito vigorosa espressione i primi grandi maestri, quali Confucio e Mencio, che hanno esplicitamente teorizzato nelle loro dottrine il “dovere di rimostranza”.
A tale filone si riallaccia oggi, in sostanza, la riflessione di quegli intellettuali che, dentro e fuori la Cina, ritengono che il terreno di un possibile confronto interculturale tra Cina e Occidente vada dislocato altrove che in una glorificazione in chiave autoritaria dei “valori asiatici”.
Prof. Massimo Raveri, Università Ca’ Foscari di Venezia
Buddismo e identità asiatica.
Caratteristico dell’esperienza religiosa giapponese – secondo Massimo Raveri – è un ragionare che privilegia l’includere più che l’escludere, un ragionare cioè propenso a scoprire analogie, a sentire assonanze, che gioca con continui richiami simbolici, che coglie nell’ambiguità una chiarezza e una profondità spesso fuggita alla cultura occidentale; e il fatto che ancora oggi in Giappone un individuo creda in diverse fedi e pratichi diversi culti contemporaneamente è indice dell’esistenza di un sofisticato sistema combinatorio, ideologicamente coerente, di pratiche cultuali e di tradizioni religiose diverse.
Attraverso il richiamo alle vicende storiche tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, Massimo Raveri ha messo in luce le dinamiche culturali attraverso le quali si sono date in Giappone diverse interpretazioni del buddhismo, in funzione della costruzione “mitica” di una identità giapponese in grado di confrontarsi con l’Occidente. Ha inoltre portato la riflessione sui meccanismi attraverso i quali il buddhismo, che pure sembra fondarsi su una concezione universalista e di pace, abbia potuto in Giappone non solo entrare in rapporto col nazionalismo, ma addirittura partecipare a violenza e guerra. (sis)
ore 14.00 – 17.00
Prof. Antonio Rigopoulos, Università Ca’ Foscari di Venezia
Il nazionalismo religioso nell’India contemporanea.
Opponendosi agli stereotipi connessi all’idea dell’India e di hinduismo, Antonio Rigoupulos ha sottolineato che la categoria di hinduismo copre in realtà un ventaglio plurale e complesso di tradizioni e di credenze differenti, in cui sono spesso presenti specializzazioni regionali e locali. Nelle plurali tradizioni religiose e filosofiche dell’India, si possono considerare componenti fondamentali la civiltà brahmanica con la connessa ideologia delle caste, le tradizioni ascetiche joga, le grandi correnti devozionali connesse a divinità concepite come volti dell’assoluto, le tradizioni folkloriche connesse a luoghi appartati e a divinità locali, le tradizioni degli abitanti originari o tribali.
Per quanto riguarda il nazionalismo indiano, Antonio Rigoupulos ha illustrato il processo storico attraverso il quale si è giunti al rifiuto – da parte della destra ‘fondamentalista’ – di una società complessa e plurale, nel nome di una impossibile e invero mai datasi ‘cultura unica’ (quella hindu vedica e brahmanica, che s’intende ripristinare nel suo ‘originario’ splendore). Ciò è avvenuto sulla base di diversi fattori: la retrodatazione (scientificamente inaccettabile) della civiltà vedica, la tesi dell’autoctonia della stessa e della sua lingua sacra (il vedico e quindi il sanscrito), l’idea che solo gli hindu siano legittimati a parlare di sé o a occuparsi dell’India detenendo essi il monopolio d’ogni corretta interpretazione. Anche se oggi il Bharatiya Janata Party non è più maggioranza di governo, la minaccia rappresentata da questo movimento (e affini orientamenti ideologici xenofobi, razzisti, inneggianti alla purezza castale, etc.) rimane una vera e propria emergenza nazionale. (sis)
Prof. Vincenzo Pace, Università di Padova
Le tendenze nazional-religiose nella via dei sikh: dalla mistica alla guerra santa.
Enzo Pace ha ripercorso le vicende attraverso le quali questa religione, nata dalla predicazione di Guru Nanak fra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo nella regione del Panjab (nel contesto del disagio culturale e politico generato dall’avanzata dell’Islam e dal ripiegamento su una rigida ortoprassi degli ambienti hinduisti), si è trasformata. In questa “religione per i laici”, in cui l’impegno individuale nel mondo per la salvezza è sostenuto da un senso di appartenenza a una comunità fraterna, si fa strada, in seguito alla repressione subita nel 1605 ad opera dell’imperatore mogol, l’idea di militarizzare una parte della comunità; questo progetto verrà poi portato a compimento con l’istituzione del khalsa, un ordine di monaci-guerrieri pronti a combattere e a morire per difendere la propria fede contro gli attacchi dell’Islam, e in generale dei nemici che vogliano distruggere la comunità. In tempi più recenti, la conflittualità con il nuovo Stato indiano ha rafforzato il principio del khalsa in senso anti-hinduista. (sis)
Coordinamento:
Prof. Vincenzo Pace, Università di Padova