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Articolo sul convegno “I fondamentalismi alla conquista del mondo? Il fondamentalismo e le tre grandi religioni monoteiste”

di Benedetta Faraglia

Si è svolto sabato 21 ottobre 2006 il convegno “I fondamentalismi alla conquista del mondo? Il fondamentalismo e le tre grandi religioni monoteiste” organizzato dall’ARIFS onlus. L’iniziativa, svoltasi a Brescia, ha visto la partecipazione di eminenti studiosi quali relatori e di un numeroso pubblico di ricercatori, docenti e studenti provenienti da tutta Italia e dall’estero. Di seguito si riportano i nodi tematici principali esposti nei singoli interventi.

Il Prof. Vincenzo Pace (Università di Padova), coordinatore del convegno, ha introdotto i lavori con la relazione “Il fondamentalismo. Inquadramento storico-concettuale”.
Il termine fondamentalismo andrebbe coniugato al plurale in “fondamentalismi” dal momento che ne esistono differenti versioni quanti sono i contesti culturali e religiosi al cui interno nascono i singoli movimenti. Sia nel cristianesimo che nell’ebraismo che nell’islamismo ci sono molteplici esempi di questi gruppi: ciò che li accomuna è la volontà di fare della religione il vincolo unico che tiene unita la comunità. Se lo stato moderno si fa garante di una “regola giusta” che permette alle altre regole di esistere senza sovrastare una sull’altra, i fondamentalismi, al contrario, cercano di ricostruire legami sulla base di una fede religiosa, di una sola verità che non ammette confronti con altre posizioni e che deve essere resa visibile a tutti con la costruzione di “cittadelle della fede”. Pertanto, scopo di questi movimenti, che hanno un peso sia sociale che politico che religioso, è quello di redimere la politica.
Per completare la panoramica introduttiva, andrebbero distinti dal fondamentalismo, il conservatorismo – rappresenta un’ideologia che vuole difendere l’influenza sociale della religione dal rischio di perdersi; il tradizionalismo – teso a fare in modo che la linea di credenza consolidata non sia modificata; l’integrismo cattolico – per il quale l’identità e ogni aspetto dell’esistenza vengono disciplinati sulla dottrina della Chiesa.

Il Prof. Paolo Naso (Università di Roma La Sapienza) ha analizzato il protestantesimo sottolineando, in primo luogo, come il termine fondamentalismo derivi dalla teologia protestante nordamericana di fine Ottocento, all’interno della quale un gruppo di teologi evangelici definisce i principi fondamentali della chiesta cristiana. D’altronde, la nascita della stessa America avviene sull’onda religiosa, rintracciabile, ad esempio, nel giuramento alla bandiera, obbligatorio nelle scuole americane, che termina con “una nazione al cospetto di Dio”. A fine Ottocento, nelle chiese protestanti americane, si diffonde una teologia liberale, volta a ragionare con il mondo scientifico, relativizzando il senso della propria identità. Nello stesso tempo, si può individuare il primo grande ciclo del fondamentalismo – “ciclo dell’innocenza”- con la nascita di una scuola teologica per la quale la Bibbia è ispirata da Dio e non può sbagliare. Se queste posizioni iniziali non si interessano alla politica, presto le cose cambiano e si iniziano ad introdurre legislazioni che vietano l’insegnamento dell’evoluzionismo darwiniano.
Intorno al 1970, le grandi istituzioni ecclesiastiche entrano in crisi, mentre prendono spazio i telepredicatori. Sulla stessa linea, nel decennio successivo, quando al potere è Reagan, si sviluppano movimenti, come la Moral Majority, volti a ritrovare l’America di un tempo: partono le campagne contro l’aborto e per l’introduzione dell’obbligo di preghiera nelle scuole. In seguito altri movimenti, come la Christian Coalition, optano per un processo di cristianizzazione dal basso: promuovono, tra l’altro, il divieto dell’insegnamento delle tesi evoluzionistiche, la creazione di “negozi cristiani”, la riaffermazione dei valori cristiani alla base della società. Se Bush “senior” non dà troppo peso a queste voci, George W. Bush apre il secondo ciclo del fondamentalismo con la fase dell’”agenda domestica”: la famiglia, con la lotta all’aborto, sta al centro del discorso politico.
Dopo l’11 settembre 2001, si apre il terzo ciclo fondamentalista: oggi in USA si nomina sempre più l’apocalisse e si diffondono le  tesi dei “dispensazionalisti” che suddividono la storia in una serie di epoche, l’ultima delle quali sarà l’avvento del Regno di Dio. La guerra non è più contro un nemico, ma contro il male (una categoria non politica ma metafisica, teologica). Ne sono testimonianza gli stessi discorsi di Bush, dove il termine “male” è oltremodo ricorrente: la guerra contro il male, Bin Laden è il male, gli Usa lottano contro il male.
Di fronte a queste derive, Naso rileva però come l’alternativa non sia tra democrazia e teocrazia (questa resta una provocazione, non un’ipotesi realistica) ma tra buona democrazia e cattiva democrazia, ovvero con accenti troppo teocratici.

Le posizioni fondamentaliste all’interno dell’ebraismo sono state affrontate dal Prof. Renzo Guolo (Università di Torino). Questione centrale in questo ambito è quella della terra – intesa come idea metafisica, luogo in cui le grandi comunità si stringeranno intorno al loro maestro nel rispetto della pratica dei loro precetti. Il sionismo, quale movimento volto alla ricostruzione dello stato di Israele, ha costituito terreno di divisione tra le diverse posizioni fondamentaliste.
Da parte loro, gli ultraortodossi o haredin (“coloro che tremano davanti alla parola di Dio”) sono contrari a questo ritorno perché viola i Tre giuramenti fatti promettere da Dio al popolo ebraico: 1) non usare la forza per entrare in Israele; 2) avere fiducia nella giustizia divina; 3) non precipitare la fine dei tempi. Dopo la Shoah, questa posizione radicale viene, in parte, rivista: se molti haredin vanno in USA, altri guardano alla sicurezza di una patria e si recano in Israele. Con questo, però, non riconoscono allo stato di Israele legittimazione religiosa, ma lo accettano solo perché permette la riproduzione del loro sistema comunitario – ad esempio, negoziano un sistema di istruzione privato e ottengono l’esenzione dal servizio militare. Nascono partiti politici ultraortodossi, che dal 1977 in poi fanno parte di tutti i governi, in quanto necessari al costituirsi di qualunque maggioranza.
Una posizione contrapposta è rappresentata dal sionismo religioso che vede nella costruzione di Israele elemento decisivo per la Redenzione, in quanto permette di riunire il popolo in attesa del Messia. Dalla corrente sionista religiosa radicale, che non ammette negoziazioni sulla cessione dei Territori, nascerà poi il movimento del “Blocco dei fedeli” che considera un obbligo religioso il possesso dell’intera terra di Israele. Questo movimento si legittima istituzionalmente nel 1977 con l’arrivo della destra nazionalista al potere. Quando, nel 1992, salgono al potere i laburisti, le frange radicali del movimento nazionalreligioso non accettano l’intesa con l’OLP di Arafat e la conseguente restituzione di parte dei Territori ai palestinesi. Fino ad arrivare al gesto estremo di un militante nazionalreligioso che nel 1995 uccide Rabin, accusato di aver venduto il suo popolo e interrotto la Redenzione.

Il Prof. Vincenzo Pace ha riferito sul cattolicesimo. Anche se nel cattolicesimo il principio di autorità e il concetto di tradizione sembrerebbero rendere difficile la presenza di un “fondamentalismo” inteso in senso strettamente letterale, esistono al suo interno movimenti fondamentalisti – che Vincenzo Pace definisce di “fondamentalismo mimetico” –  che si avvicinano per alcuni elementi ai movimenti del fondamentalismo protestante ed ebraico. Ad esempio al suo interno esistono forme di fondamentalismo, come negli USA, dove negli ultimi anni si sono diffusi movimenti che introducono – con il supporto di finanziamenti pubblici – il giuramento di fedeltà ad astinenza e verginità per gli adolescenti. Come si evince anche da questo esempio, il problema per i movimenti fondamentalisti è costituito dalla separazione tra religione e politica.
Spartiacque nel mondo cattolico è stato il Concilio Vaticano II che ha visto l’emergere di tre elementi: 1) la riscoperta della Bibbia, con la nascita di movimenti impegnati in una lettura diretta del testo; 2) la concezione di una Chiesa decentrata nelle chiese locali, in base alla quale si inizia ad ammettere che il sacerdozio è sì una funzione, ma tutti sono sacerdoti; 3) la concezione dell’autonomia delle sfere terrene e della responsabilità diretta dei laici. In opposizione a queste innovazioni, alcuni papi, come Pio V e Pio X, vengono assunti da parte di movimenti cattolici tradizionalisti a simbolo di un ritorno all’identità cattolica. L’integrismo cattolico, da parte sua, vede nella dottrina sociale della Chiesa un modello di società perfetta che può essere applicato ovunque: a livello sociale con istituzioni che rispecchiano la dottrina (ne sono un esempio le ACLI, la Compagnia delle opere di Comunione e liberazione, ecc.), in ambito politico con movimenti che schiacciano la logica della mediazione propria delle società pluraliste. Il ritorno all’identità cattolica, quindi, viene promosso anche tramite l’aiuto della politica, richiesta di servire questa missione, sottomettendosi alla religione.

Oggetto della relazione del Prof. Stefano Allievi (Università di Padova) è stato l’islam. Nell’inconscio collettivo il fondamentalismo e l’oppressione della donna sono aspetti intrinseci all’islam, come se uno implicasse necessariamente l’altro. Il fondamentalismo – che di per sé richiama alle fondamenta, un termine non negativo – porta con sé l’eco di estremismo, maschilismo, fanatismo, irrazionalismo. Leggere l’Islam esclusivamente attraverso questa lente, avverte Allievi, si traduce in una strategia interpretativa dannosa non solo al mondo musulmano, ma anche a quello occidentale dove ad oggi l’Islam è la seconda presenza religiosa dopo il cristianesimo. È importante, di conseguenza, capirla nel suo complesso, senza limitarsi a fare di un aspetto il tutto. L’islam va visto in un’ottica storicizzata, a seconda delle epoche: contiene in sé un’idea progressista, non legata al passato, ma volta al futuro. Differentemente dall’immaginario generale, non nega la modernità ma, al contrario, intende averci a che fare.
Anche all’interno di questo movimento religioso, politico e di idee, d’altro canto, esiste una posizione islamica radicale che si riconosce nel fondamentalismo. Tra le forme di fondamentalismo presenti nell’islam, se ne possono evidenziare tre principali.

1) I Fratelli Musulmani, nati negli anni Trenta, intendono conquistare il potere portando avanti un processo di islamizzazione dal basso, volto a coscientizzare le persone. Viene praticata una diffusione capillare di idee a livello popolare: in molti fanno diverse ore di cammino per andare ad ascoltare la voce dei predicatori contro la corruzione e nasce, perfino, un commercio di audiocassette in tema.

2) Il fondamentalismo di stato dove l’arrivo al potere non ha avuto una grande riuscita: ne sono esempio, in Iran, gli Sciiti e in Arabia Saudita i Sunniti.

3) Il nuovo radicalismo islamico transnazionale, rappresentato da al Qa`ida e dalla Jihad: in questa posizione non vi è un interesse a coscientizzare le persone, non si spendono energie per la elaborazione di un progetto, quanto per la definizione del nemico. È un movimento transnazionale vale a dire non legato ad alcuna sovranità, staccato da qualsiasi progetto che abbia un legame geopolitico. Il consenso ottenuto può essere spiegato sulla base del forte colpo inferto agli USA e sull’odio per Israele.

La presente giornata di studio rientra in un più ampio progetto all’interno del quale sono stati realizzati, negli anni scorsi, i convegni “Identità e conflitti nel mondo contemporaneo”, “Religione e religioni nel mondo contemporaneo”, “Laicità e ‘conflitti di civiltà’ nell’età della globalizzazione”. Il forte interesse per questi temi, dimostrato dalla crescente partecipazione di pubblico, troverà ulteriore spazio di discussione in iniziative future.

Benedetta Faraglia